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Manfredo Bertini - Maber Manfredo Bertini - Maber

«... Se tu per caso avessi modo di rivedere quei signori che vennero a cercarmi la mattina del 5, avrei caro che tu cercassi di giustificarmi presso di loro per quella mia brutta maniera di andarmene senza salutarli. In ogni modo, appena potrò di nuovo vederli, mi scuserò personalmente a voce e li persuaderò di tutte le mie buone intenzioni...»

questo è il messaggio ironico che Maber fece recapitare a suo padre dopo essere sfuggito in modo rocambolesco alla retata che misero in atto i nazifascisti andandolo ad arrestare in casa sua in Versilia in marzo del 1944.
Maber fu arrestato di sorpresa la mattina presto, ma chiese di andare al bagno prima di essere portato in caserma. Uno dei soldati che lo arrestavano entrò nel bagno e vide solo una piccola finestrella impraticabile quindi accordò il permesso. In realtà Maber riuscÍ, non si sa in che modo, a passare per quella finestrella e a fuggire. Il giorno dopo fece recapitare a suo padre, per fargli sapere che stava bene, il sarcastico messaggio.
Qui la riproduzione del biglietto originale scritto di pugno da Manfredo.

Un genio simpatico e coraggioso
Che Maber non fosse un uomo comune lo si era già capito dal suo modo di giungere a Pecorara: Pecorara Vecchia dal cielo, paracadutato quasi contestualmente alle truppe americane. Nel mese di Agosto del 1944 gli abitanti di Pecorara hanno assistito a questo lancio in pieno giorno intorno all'abitato di Pecorara capoluogo, tanto che la gente era tutta nelle strade per godersi lo "spettacolo". E poi subito dopo è arrivato quest'uomo misterioso, molto simpatico e con un grande carisma. Gino Bongiorni ricordava la località del lancio di Maber (loc. Montaldone di Pecorara) e parlando di lui diceva "Non è come noi, è esperto di meccanica, di cinema, sa l'inglese". E infatti Maber era un tecnico di cinematografia affermato, con al suo attivo il progetto di un mirino ottico al quale si dedicava assiduamente prima di entrare nella lotta di Resistenza.

Agente dell'OSS
Manfredo avrebbe potuto vivere una vita agiata, senza tanti problemi, in realtà fa una scelta durissima e coraggiosa, sceglie di passare all'azione, di combattere il fascismo e lo fa da protagonista carismatico quale era, Infatti inventa e costruisce, di sua iniziativa, tutta una struttura di collegamento tra il movimento Partigiano e gli alleati in particolare con l'OSS (Office Strategic Service), quello che poi sarebbe diventato la CIA nel dopoguerra. Per far questo, invia un agente, assolutamente insospettabile: Vera Vassalle che attraversa tutta l'Italia, diventa essa stessa agente OSS e torna con una radio ricetrasmittente. E' il gennaio del 1944. Ecco che Viareggio diventa il centro nevralgico della collaborazione militare con gli alleati e fa ottenere aviolanci di armi e rifornimenti a gran parte della Toscana. Questa operazione ha aperto una porta di collegamento con gli americani e ha dato un impulso impensabile alla lotta di Resistenza. Ma questo, ad un certo punto non bastava più, occorreva un contatto diretto con gli alleati e così Manfredo parte in moto con Gaetano De Stefanis, attraversa la linea del fronte e riesce ad arrivare dagli Alleati. Ma non è stato un viaggio facile, tutt'altro direi, ad un certo punto del viaggio, i due vengono fermati da un posto di blocco tedesco. Hanno addosso ogni genere di materiale compromettente (mappe, documenti, armi). Maber con voce sicura ed affabile, con un sangue freddo incredibile e dicendo in realtà parolacce ed insulti in italiano, riesce a convincere i tedeschi (che non capivano una parola) e ad avere il tempo di appartarsi per far sparire tutto il materiale compromettente che portava addosso prima che procedessero alla perquisizione.

L'arrivo a Pecorara
In questo modo Manfredo e Gaetano riescono a contattare gli Americani e questi, gli propongono una missione da assolvere nell'Italia del nord in una zona delicata e strategica per la lotta partigiana, la zona del piacentino, in particolare in quella Divisione Piacenza, comandata da Fausto Cossu, che aveva il suo quartier generale alla Sanese, sulle colline di Pecorara. Maber inizia ad organizzare anche a Pecorara la complessa rete informativa tra OSS e partigiani e infatti la sua attività comincia a dare i primi frutti: arrivano i lanci, arrivano fusti di metallo paracadutati dal cielo con dentro ogni ben di Dio, equipaggiamenti, armi ben ingrassate. Pecorara era una festa di colori, dopo pochi giorni tutto il paese era vestito di seta da paracadute di tutti i colori. Manfredo intanto si stabilisce a Pianello Val Tidone all'Albergo Roma e per la sua attività viaggia da Pianello Val Tidone a Pecorara. Gino Bongiorni, nel suo libro ricordava, in quel periodo, di lunghe notti passate in ascolto di un segnale di ricevuto da parte degli alleati, i primi messaggi venivano inviati dalla Sanese più tardi anche da Pecorara Vecchia una località sulla collina immediatamente sopra a Pecorara.

Maber viene ferito
È ai primi di ottobre del 1944 che purtroppo accade quello che non sarebbe mai dovuto accadere, Manfredo viene ferito in un misterioso attentato, come lo definisce in una testimonianza il suo amico Gaetano De Stefanis. Effettivamente le circostanze del ferimento di Maber sono poco chiare: potrebbero essere stati altri partigiani. Il fatto avviene nel tratto di strada da Pecorara a Pianello nei pressi della Rocca D'Olgisio dove Manfredo si trovava a transitare, pare, con un automobile tedesca. Com'è successo? L'autista non si è fermato al posto di blocco? Il fatto è che Maber viene colpito al braccio sinistro e la ferita purtroppo è grave, probabilmente ha leso i nervi e gli procurerà un dolore continuo. Purtroppo Manfredo non può andare in ospedale, viene curato dal Dott. Ricci Oddi un bravo medico partigiano e viene trasferito a Pecorara e ospitato in casa di una cugina di Fanny Zambarbieri, la Sig.ra Politi Catterina.

Il ferimento di Maber
brano tratto da Missioni Rosa e Balilla di Liborio Guccione.
Edizioni Vangelista Editori S.n.c.

Una mattina vengo a sapere che Manfredo era partito con un'altra macchina, accompagnato da un autista. Non ho mai saputo perchè egli avesse preso quella decisione senza avvertirmi, e non ho mai saputo chi fosse l'autista. In quei giorni di estrema tensione non ci si curò di appurare bene le cose, e dopo fummo presi dagli avvenimenti e la questione poi è rimasta inghiottita dal tempo. Sta di fatto che nel pomeriggio di quello stesso giorno Manfredo rientrò a Pecorara ferito al braccio sinistro.
Che cosa era accaduto? Pare che l'autista che guidava la macchina (era una macchina tedesca mimetizzata) non si fosse fermato al posto di guardia della Rocca di Pecorara e una guardia avesse sparato una raffica di mitra, ferendo al braccio Manfredo. (...)
Ma nonostante le cure Maber soffriva terribilmente di forti dolori al braccio: la ferita riportata aveva intaccato in modo grave un delicato nervo, proprio all'altezza del gomito. Forse se Manfredo avesse ridotto i suoi impegni avrebbe potuto anche guarire (...)

Maber è costretto a letto dalle dolorose ferite ogni giorno va a fargli visita Fanny quasi sempre con Pia Bertani, una sua amica, oppure con Vanna Zambarbieri (la sorella mimore di Fanny). Loro stesse mi hanno sempre parlato di lui come di un uomo molto simpatico e con un grande carisma e umanità e che lasciava trasparire questa simpatia nonostante le sue condizioni di salute e il dolore lancinante al braccio.
Fanny ricorda che diverse volte Manfredo riceveva visite di comandanti partigiani e in quel caso loro se ne andavano per lasciarli soli, erano vere e proprie riunioni politiche-organizzative. Andavano da lui anche il Dott. Ricci Oddi per curarlo e una infermiera, una ragazza di Pianello Val Tidone che pare gli somministrasse anche della morfina quando lui non riusciva più a resistere per il dolore. Durante la sera, molte volte, Maber trascorreva la serata in compagnia nella casa paterna di Fanny che ospitava tanti altri partigiani. E così, man mano il tempo passa e la ferita non guarisce, anzi si aggrava, Maber è costretto a farsi fare iniezioni di morfina, allora non esistevano antibiotici, la ferita è probabilmente infetta e lui ha la febbre.

Il grande rastrellamento
Purrtroppo nei primi giorni di novembre del 1944 arrivano notizie allarmanti di un grande concentramento di forze tedesche a Castel San Giovanni. Sta per iniziare il grande rastrellamento. La situazione precipita, dopo aver tentato invano di resistere ad un attacco di proporzioni così devastanti (si parla di 15.000 uomini solo nel settore est del parmense e nel piacentino) i partigiani sono costretti a sciogliere le formazioni nelle quali sono inquadrati e a cercare di far perdere le proprie tracce. Nei giorni del 23 e 24 Novembre Maber, Carlo Vassalle, Mario Robello, Pirro e Bongiorni Gino, radunano quanto più possibile armi e viveri, e con una lesa (una specie di slittta di legno trainata da buoi) si mettono per strada per raggiungere il comando (la Sanese). Maber ha dolore al braccio ed è anche febbricitante ma nonostante tutto cerca di tenere il morale alto. Arrivati alla Sanese Manfredo chiede ai suoi uomini di installare l'antenna della radio su di un alto castagno e riprova insistentemente a contattare gli alleati. È il 24 Novembre 1944, Maber invia un ultimo telegramma, ultimo dopo una serie di 114 telegrammi di richiesta di aiuto, ma non c'è nulla da fare. Non ottiene nessun riscontro. Si sente abbandonato, è ferito e si sente di peso, contro di lui tutta una serie di avversità: il ferimento e le condizioni di salute pessime, il dolore incessante e la mancanza di medicine e cure adeguate, l'abbandono da parte degli alleati rafforzato dal Proclama del Gen. Alexander, il martellamento continuo dell'artiglieria dei nazifascisti che incombe, la convinzione di divenire un intralcio per i propri compagni, tutto questo costituisce un peso intollerabile per un uomo così fiero.

La fine tragica
Maber esce con una scusa dal quartier generale della Sanese e si suicida con una bomba a mano. Ai compagni disperati non resta che comporne i resti mortali e dargli una sepoltura vicino ad un albero nei pressi della cascina. La memoria di Manfredo Bertini è stata premiata da una Medaglia d'Oro al Valor Militare .
La vicenda tragica di Manfredo Bertini è stata rappresentata anche in un fumetto di Ivan Bongiorni e le tavole furono pubblicate sul sul sito web della rassegna Komikazen di Ravenna.

Maber inventore e direttore della fotografia
Prima della guerra Manfredo Bertini era stato un tecnico cinematografico di talento, aveva curato la fotografia ed il montaggio di Pioggia d'estate (1937), primo film del grande Mario Monicelli del quale egli era grande amico e collaboratore, Il film è andato perduto, ma ne sono stati ritrovati alcuni fotogrammi da Andrea Bertini, figlio di Manfredo. Il Corriere della Sera ha dato spazio all'evento in un articolo uscito nel 2011. Inoltre Manfredo Bertini ha lavorato, sempre come direttore della fotografia, in: Ragazza che dorme (1940), Cenerentola e il Signor Bonaventura (1941), Il Re d'Inghilterra non paga (1941), La casa senza tempo (1943). Cenerentola e il signor Bonaventura è un film di Sergio Tofano del 1941, con Paolo Stoppa, Silvana Jachino, Roberto Villa, Sergio Tofano, Rosetta Tofano, Guglielmo Barnabò, Mercedes Brignone, Mario Pisu, Piero Carnabuci, Mario Gallina. L'intero film è presente su Youtube
Bertini, inoltre aveva brevettato un mirino ottico speciale, questo ripo di mirino venne poi utilizzato nel dopoguerra per girare la scena delle bighe del colossal Ben Hur, senza peraltro che la famiglia ne ricavasse alcunchè perchè il brevetto era ormai scaduto.

Descrizione delle foto
Le foto e i documenti visualizzati provengono dall'archivio personale della famiglia di Gino Bongiorni e/o sono state gentilmente concesse dal figlio di Manfredo, Andrea Bertini. Dall'alto al basso:
1) ritratto di Maber (Manfredo Bertini)
2) località Pecorara Vecchia, uno dei luoghi delle trasmissioni
3) la Sanese, sede del Comando della Divisione Piacenza ove Maber morì
4) la Rocca D'Olgisio dove Maber venne ferito
5) la casa di Politi Catterina a Pecorara ove Maber ferito venne ospitato
6) Manfredo Bertini ferito con il Dott. Ricci Oddi
7) Gruppo di partigiani della missione Balilla: dalla sinistra Carlo Vassalle, Mario, Clara, Pirro, Gino Bongiorni e Bisagno
8) Maber ritratto nelle vesti di operatore cinematografico


Intervista a Fanny Zambarbieri
In questa intervista Fanny Zambarbieri (moglie di Gino Bongiorni) ricorda Manfredo Bertini.

Pagina scritta in Html da Attilio Bongiorni
Altre notizie su Manfredo bertini sono disponibili sul sito
http://www.resistenzatoscana.it/biografie/bertini_manfredo/

Video

Orwell 1984




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