Era la fine di maggio del 1946. Il referendum era imminente, gli italiani erano chiamati a scegliere
tra Monarchia e Repubblica
La grande proprietà agraria era tutta dalla parte dei Savoia, specialmente al sud, molto denaro veniva messo a disposizione
dalle organizzazioni monarchiche per una propaganda insistente.
Pietro era a lavorare nella stalla, nella proprietà del Marchese.
Improvvisamente si sentì il rumore di un motore che si avvicinava. Pietro si affacciò curioso sulla porta della stalla con ancora
il forcone in mano e vide arrivare una gran macchina scura che invadeva l'aia di fronte alla stalla.
Dopo un attimo l'autista aprì la porta posteriore dell'auto, ne discese il Marchese, elegante,
scarpe lucide; si avvicinò con fare falsamente cordiale :
- Ciao Pietro
- Buongiorno Signor Marchese
- Come va?
- Mah, cosa vuole, c'è da lavorare, ma la prego si accomodi in casa Signor Marchese
- No, grazie Pietro, sono passato solo per ricordarti che il 2 giugno si vota per il Referendum, tu andrai vero?
- Si certo ma...
- Bravo! Mi raccomando eh Pietro! Sosteniamo il nostro Re, facciamo il nostro dovere!
Pietro si appoggiò al forcone piantato a terra, come per mettersi più comodo e, tranquillamente, ma con un tono
di risolutezza nella voce disse:
- Vede Signor Marchese, io e lei siamo così diversi! Ecco, vede come è vestito lei? È molto elegante e poi
gira con un'auto bellissima, io sono vestito con vecchi panni sdruciti che odorano di stalla e vado in giro a piedi, al massimo
in bicicletta. Stasera per cena lei chissà cosa mangerà, io al massimo mangerò un uovo, vede come siamo
diversi? Per questo dobbiamo essere diversi anche nel voto, non potremmo mai votare nello stesso modo...
Il marchese, sorpreso, parve accusare il colpo.
Mantenendo un atteggiamento leggermente sdegnato nell'espressione del volto si accomiatò. Salutando
frettolosamente risalì sull'auto, l'autista richiuse la portiera e si mise al posto di guida. L'auto ripartì
lasciando un po' di polvere dietro di se.
Il 2 Giugno 1946 l'Italia divenne una Repubblica.
Umberto di Savoia lasciò il Quirinale dopo aver tentato invano di contestare il verdetto popolare.