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Alberto Araldi (Paolo)

Alberto Araldi nacque a Montalbo di Ziano nel gennaio 1912.
Paolo era entrato come volontario nei carabinieri e nel 1943 era proprio nella squadra politica, era esattamente nel gruppo di quegli agenti che dovevano perseguire i reati «politici». La sua sensibilità, e sue idee, il fatto che dopo la guerra fosse stato trattenuto nell'Arma contro la sua volontà facevano di lui una persona invece che aiutava i perseguitati politici.
Il suo comportamento ovviamente cominciò a destare dei sospetti nell'ambiente e così gli tesero una trappola.
Un agente fascista si finse un cospiratore antifascista e poi nella squadra poliica finsero di doverlo arrestare. Paolo lo avvisò dell'imminente arresto e così fu scoperto e arrestato. Finì in prigione, ma tutti i superiori gli volevano bene, così un comandante dei carabinieri lasciò la porta della sua cella aperta e lui scappò. Fu subito catturato di nuovo perchè un parente lo tradì, ma poco tempo dopo evase di nuovo e finalmente entrò nella formazione partigiana Giustizia e Libertà e andò alla Sanese
Il 26 luglio 1944 Paolo, informato da un ragazzo del posto, seppe che il federale Maccagni era a pranzo a casa di una persona nella località Giarolo di Gossolengo. Paolo ed i suoi uomini, ed anche uomini di altre brigate - c'era anche il mitico Ballonaio con loro - travestito da fascista, si precipita in quella casa, insieme rapiscono il federale. Partono in macchina, ma ad un certo punto all'altezza della località Ossario di Roveleto la macchina resta incagliata nella sabbia (la strada è ridotta malissimo). Lì vicino ci sono dei ragazzi, i partigiani vorrebbero farsi aiutare, ma quelli vedendo le divise fasciste scappano. Per fortuna il Ballonaio si fa riconoscere da loro (era già un mito conosciuto da tutti) e li persuade ad aiutarli. Il gruppo arriva sulle sponde del trebbia, la macchina viene abbandonata: bisogna attraversare il Trebbia a piedi, il federale che era ancora in pantofole le perde e deve proseguire a piedi scalzi.
Maccagni resterà prigioniero alla Sanese e a Pecorara per parecchio di tempo.
Paolo fu arrestato a causa di un ulteriore tradimento. Infatti progettava di rapire il Prefetto Graziani e per questo si era messo d'accordo con un certo Latty che lui credeva fidato partigiano, in realtà il Latty era una spia fascista. Paolo pensava che Latty lo informasse sugli spostamenti di Graziani e insieme scesero in città. Arrivati a Piacenza ad un posto di blocco (Latty aveva garantito per un libero accesso) furono entrambi arrestati. Purtroppo però Latty venne subito rilasciato mentre Paolo venne destinato al plotone di esecuzione. Quando stavano per fucilarlo chiese: «Cosa farete ora della mia donna?», il Maresciallo disse: «Niente, dal momento che non tu non ci sei». Poi chiese di essere fucilato di fronte e non alla schiena perchè disse «Non sono un traditore della patria». Fu irremovibile e il tenente dovette telefonare per chiedere il permesso di eseguire la fucilazione come voleva Paolo.



Pagina scritta in HTML da Attilio Bongiorni - Giugno 2009
Il brano è tratto da: Piacenza nella lotta di Liberazione di Anna Chiapponi
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Gino Donè Paro




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