Un inizio disastroso: Circondato da uomini feriti e spaventati che imploravano la resa e credendosi lui stesso in
punto di morte, il Che si abbandonò alla sua debolezza, ma Juan Almeida lo strappò a quel
languore gridandogli di alzarsi e correre. Unitosi a lui e ad altri tre uomini, il Che corse
nella giungla lasciandosi alle spalle il crepitio del campo di canne che bruciava tra le fiamme.
Il Che era stato fortunato: la ferita al collo era solo superficiale. Sebbene alcuni dei suoi
compagni si fossero salvati, nei giorni seguenti le truppe di Batista fecero un'esecuzione
sommaria di molti degli uomini presi prigionieri, inclusi i feriti, e persino quelli che si erano
arresi.
Per i sopravvisuti dispersi l'unica via di salvezza consisteva nel carcare rifugio tra
le montagne e nel tentare di riunirsi agli altri. Degli ottantadue uomini sbarcati dal
Granma, alla fine solo ventidue si sarebbero ritrovati nella sierra. Il 4 gennaio, Carlos Franqui si separò dalla compagnia di Fidel che avanzava nella
regione di Camagüey, e raggiunse l'Avana. Trovò la capitale trasformata. Per Borrego fu molto difficile accettare l'imminente partenza del Che, e per questo
durante gli ultimi giorni cercava di passare quanto più tempo possibile con l'amico
Faceva viaggi frequenti alla casa di Pinar del Rio, insieme ad Aleida che si fermava per i
fine settimana e cucinava per tutti. Borrego lo accompagnò anche per l'ultima
trasformazione, dove insieme all'applicazione delle solite protesi boccali che gli
conferivano un certo gonfiore, il Che si sarebbe fatto togliere parecchi capelli per
sembrare un signore di mezza età dalla calvizie inicipiente.
Borrego gli sedeva accanto
mentre un barbiere strappava i capelli uno alla volta. Quando il Che non riusciva a sopportare
il dolore e urlava, Borrego saltava su e intimava al barbiere di «andarci piano»,
ma il Che gli sbraitava di «uscire di lì»; i capelli dovevano essere
strappati alla radice per apparire calvo e il dolore era una cosa che doveva
sopportare da solo. Compagni, care madri, compagne, amici tutti che siete venuti da altri paesi per
stare con noi, tutti voi che siete venuti da altre città per accompagnarci, per
sentire come vostra questa piazza, questa piazza dove abitano i nostri figli.
Nel mese di settembre abbiamo preso una decisione che nessuno ha ascoltato, ma che noi
Madri abbiamo diffuso attraverso Internet: non faremo più la Marcia della Resistenza
perchè il nemico oggi non occupa più il Palazzo di Governo.
Il nemico oggi è
nelle multinazionali, il nemico è l'imperialismo, il nemico è Menem, sono coloro
che hanno tradito, i mafiosi come Duhalde. I nemici oggi sono altrove. Quando noi Madri
abbiamo preso questa decisione a settembre, sapevamo che avrebbe suscitato polemiche.
Le stesse polemiche del 1981, quando ci dissero di noon usare la parola "resistenza"
perchè era pericolosa con la dittatura. E ci fu qualcuno che ebbe il coraggio di
suggerire: «Dobbiamo mandare una persona intelligente dalla Madri per spiegare loro
che cosa vuol dire resistere». E noi abbiamo risposto: «Resistere ha un solo
significato che è resistere davanti al nemico stoicamente, senza abbassare la testa».
Voi sapete, compagni, che i giovedì devono continuare perchè dobbiamo ottenere
ancora molte cose. Noi Madri pensiamo che questo è il momento di costruire. Non tutto
va male nè tutto è perfetto, ma sitamo vivendo un momento storico unico nel nostro
paese, con questo Presidente, e nell'America Latina. Non possiamo sprecarlo. E' un momento
unico. Dobbiamo costruire una patria più libera e più giusta. Come diceva un
compagno dobbiamo recuperare le nostre industrie. Non è vero che erano in perdita.
Mio marito era un operaio della YPF, e gli operai, oltre alla tredicesima, alle ferie e a
un buon salario, riscuotevano due volte all'anno una partecipazione agli utili. Chi lo
die che le industrie di Stato sono in perdita? Solo quei mascalzoni che le hanno vendute o
regalate (...) Qui abbiamo combattuto in molti modi, ma noi Madri da 28 lunghi anni, da 1500
giovedì non abbiamo mai pensato che la vittoria fosse dietro l'angolo.
A volte la vittoria
è lontana, eppure non bisogna smettere di lottare nemmeno per un'ora. Questo non è il
ritrovo settimanale di un comitato, o di un quartiere, o un apuntamento per cenare insieme.
Questa è una lotta quotidiana, senza un centesimo di ricompensa. Un rivoluzionario
non può farsi pagare per combattere, deve lavorare come può e poi investire tutto
ciò che possiede per liberare il suo popolo, che vuol dire liberare i propri figli, i
nipoti. Non possiamo lasciare alle future generazioni un paese dove torni a scorrere il
sangue. Per questo il momento è unico. per questo non faremo più la Marcia della
Resistenza ma continueremo a combattere per le cose che vogliamo. Stiamo chiedendo al
Presidente di fare qualcosa per i bambini. nessun bambino può andare a scuola a studiare
se ha fame. E questo non smettiamo di pretenderlo. le fabbriche occupate e produttive
devono restare in mano ai lavoratori. Non ce ne staremo zitte, non ce ne staremo buone, non
vogliamo dimenticare, non vogliamo perdonare, ma continueremo ad ascoltare questa brezza che
sta soffiando, queste voci dei figli che ci hanno insegnato che cosa è il socialismo.
Il socialismo che è arrivato dapprima portato dall'amato e carissimo popolo cubano e
da Fidel. Viva Fidel ! Viva Chávez! Viva Lula! Viva Evo Morales Viva el Comandante
Chávez! Viva Kirchner! Viva Tabaré, compagni ! Hasta siempre.
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Cohiba: C'é, in un'isola lontana, una favola cubana che vorrei tu conoscessi almeno un po' C'é, un'ipotesi migliore, per cui battersi e morire e non credere a chi dice di no perché c'é C'é un profumo inebriante che dall'Africa alle Ande ti racconta di tabacco e caffé C'é una voce chiara ed argentina, che fu fuoco e medicina come adesso é amore e rabbia per me C'é, tra le nuvole di un sigaro, la voce di uno zingaro che un giorno di gennaio gridó C'é, o almeno credo ci sia stato, un fedelissimo soldato che per sempre quella voce cercó e che diceva Venceremos adelante o victoria o muerte Venceremos adelante o victoria o muerte C'é, se vai ben oltre l'apparenza, un'impossibile coerenza che vorrei tu ricordassi almeno un po' C'é una storia che oramai é leggenda, e che potrà sembrarti finta e invece é l'unica certezza che ho C'erano dei porci in una baia, armi contro la miseria solo che quel giorno il vento cambió C'era un uomo troppo spesso solo, e ora resta solo un viso che milioni di bandiere guidó e che diceva Venceremos adelante o victoria o muerte Venceremos adelante o victoria o muerte L'america ci guarda non proprio con affetto apparentemente placida ci osserva ma in fondo, lo sospetto che l'america, l'america ha paura altrimenti non si spiega come faccia a vedere in uno stato in miniatura questa orribile minaccia por esto Venceremos adelante o victoria o muerte Venceremos adelante o victoria o muerte Cohiba - Daniele Silvestri Santiago del Cile, 11 settembre 1973 7.55, "Radio Corporaciòn" Cittadini cileni, parla il Presidente della Repubblica dal palazzo della Moneda. Viene segnalato da informazioni certe che un settore della marina avrebbe isolato Valparaiso e che la città sarebbe stata occupata. Ciò rappresenta una sollevazione contro il Governo, Governo legittimamente costituito, Governo sostenuto dalla legge e dalla volontà del cittadino. In queste circostanze, mi rivolgo a tutti i lavoratori. Occupate i vostri posti di lavoro, recatevi nelle vostre fabbriche, mantenete la calma e la serenit?. Fino ad ora a Santiago non ha avuto luogo nessun movimento straordinario di truppe e, secondo quanto mi è stato comunicato dal capo della Guarnigione, la situazione nelle caserme di Santiago sarebbe normale. In ogni caso io sono qui, nel Palazzo del Governo, e ci resterò per difendere il Governo che rappresento per volontà del Popolo. Ciò che desidero, essenzialmente, è che i lavoratori stiano attenti, vigili, e che evitino provocazioni. Come prima tappa dobbiamo attendere la risposta, che spero sia positiva, dei soldati della Patria, che hanno giurato di difendere il regime costituito, espressione della volontà cittadina, e che terranno fede alla dottrina che diede prestigio al Cile, prestigio che continua a dargli la professionalità delle Forze Armate. In queste circostanze, nutro la certezza che i soldati sapranno tener fede ai loro obblighi. Comunque, il popolo e i lavoratori, fondamentalmente, devono rimanere pronti alla mobilitazione, ma nei loro posti di lavoro, ascoltando l'appello e le istruzioni che potrà lanciare loro il compagno Presidente della Repubblica. Lavoratori del Cile: Vi parla il Presidente della Repubblica. Le notizie che ci sono giunte fino ad ora ci rivelano l'esistenza di un'insurrezione della Marina nella Provincia di Valparaiso. Ho dato ordine alle truppe dell'Esercito di dirigersi a Valparaiso per soffocare il tentativo golpista. Devono aspettare le istruzioni emanate dalla Presidenza. State sicuri che il Presidente rimarrà nel Palazzo della Moneta per difendere il Governo dei Lavoratori. State certi che farò rispettare la volontà del popolo che mi ha affidato il comando della nazione fino al 4 novembre 1976. Dovete rimanere vigili nei vostri posti di lavoro in attesa di mie informazioni. Le forze leali rispettose del giuramento fatto alle autorità, insieme ai lavoratori organizzati, schiacceranno il golpe fascista che minaccia la Patria. Compagni in ascolto: La situazione è critica, siamo in presenza di un colpo di Stato che vede coinvolta la maggioranza delle Forze Armate. In questo momento infausto voglio ricordarvi alcune delle mie parole pronunciate nell'anno 1971, ve lo dico con calma, con assoluta tranquillità, io non ho la stoffa dell'apostolo nè del messia. Non mi sento un martire, sono un lottatore sociale che tiene fede al compito che il popolo gli ha dato. Ma stiano sicuri coloro che vogliono far regredire la storia e disconoscere la volontà maggioritaria del Cile; pur non essendo un martire, non retrocederà di un passo. Che lo sappiano, che lo sentano, che se lo mettano in testa: lascerò la Moneda nel momento in cui porterò a termine il mandato che il popolo mi ha dato, difenderò questa rivoluzione cilena e difenderò il Governo perchè è il mandato che il popolo mi ha affidato. Non ho alternative. Solo crivellandomi di colpi potranno fermare la volontà volta a portare a termine il programma del popolo. Se mi assassinano, il popolo seguirà la sua strada, seguirà il suo cammino, con la differenza forse che le cose saranno molto più dure, molto più violente, perchè il fatto che questa gente non si fermi davanti a nulla sarà una lezione oggettiva molto chiara per le masse. Io avevo messo in conto questa possibilità, non la offro nè la facilito. Il processo sociale non scomparirà se scompare un dirigente. Potrà ritardare, potrà prolungarsi, ma alla fine non potrà fermarsi. Compagni, rimanete attenti alle informazioni nei vostri posti di lavoro, il compagno Presidente non abbandonerà il suo popolo nè il suo posto di lavoro. Rimarrò qui nella Moneda anche a costo della mia propria vita. In questi momenti passano gli aerei. Potrebbero mitragliarci. Ma sappiate che noi siamo qui, almeno con il nostro esempio, che in questo paese ci sono uomini che sanno tener fede ai loro obblighi. Io lo farò su mandato del popolo e su mandato cosciente di un Presidente che ha dignità dell'incarico assegnatogli dal popolo in elezioni libere e democratiche. In nome dei più sacri interessi del popolo, in nome della Patria, mi appello a voi per dirvi di avere fede. La storia non si ferma nè con la repressione nè con il crimine. Questa è una tappa che sarà superata. Questo è un momento duro e difficile: è possibile che ci schiaccino. Ma il domani sarà del popolo, sarà dei lavoratori. L'umanità avanza verso la conquista di una vita migliore. Pagherò con la vita la difesa dei principi cari a questa Patria. Coloro i quali non hanno rispettato i loro impegni saranno coperti di vergogna per essere venuti meno alla parola data e ad aver rotto la dottrina delle Forze Armate. Il popolo deve stare in allerta e vigile. Non deve lasciarsi provocare, nè deve lasciarsi massacrare, ma deve anche difendere le proprie conquiste. Deve difendere il diritto a costruire con il proprio sforzo una vita degna e migliore. Sicuramente questa sarà l'ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi. La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Magallanes. Le mie parole non contengono amarezza bensì disinganno. Che siano esse un castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento: soldati del Cile, comandanti in capo titolari, l'ammiraglio Merino, che si è autodesignato comandante dell'Armata, oltre al signor Mendoza, vile generale che solo ieri manifestava fedeltà e lealtà al Governo, e che si è anche autonominato Direttore Generale dei carabinieri. Di fronte a questi fatti non mi resta che dire ai lavoratori: Non rinuncerò! Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di Cileni, non potrà essere estirpato completamente. Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano nè con il crimine nè con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli. Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece. In questo momento conclusivo, l'ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l'imperialismo, uniti alla reazione, crearono il clima affinchè le Forze Armate rompessero la tradizione, quella che gli insegnò il generale Schneider e riaffermò il comandante Ayala, vittime dello stesso settore sociale che oggi starà aspettando, con aiuto straniero, di riconquistare il potere per continuare a difendere i loro profitti e i loro privilegi. Mi rivolgo a voi, soprattutto alla modesta donna della nostra terra, alla contadina che credette in noi, alla madre che seppe della nostra preoccupazione per i bambini. Mi rivolgo ai professionisti della Patria, ai professionisti patrioti che continuarono a lavorare contro la sedizione auspicata dalle associazioni di professionisti, dalle associazioni classiste che difesero anche i vantaggi di una società capitalista. Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che cantarono e si abbandonarono all'allegria e allo spirito di lotta. Mi rivolgo all'uomo del Cile, all'operaio, al contadino, all'intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perchè nel nostro paese il fascismo ha fatto la sua comparsa già da qualche tempo; negli attentati terroristi, facendo saltare i ponti, tagliando le linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, nel silenzio di coloro che avevano l'obbligo di procedere. Erano d'accordo. La storia li giudicherà. Sicuramente Radio Magallanes sarà zittita e il metallo tranquillo della mia voce non vi giungerà più. Non importa. Continuerete a sentirla. Starà sempre insieme a voi. Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria. Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve farsi annientare nè crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi. Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l'uomo libero, per costruire una società migliore. Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento. Santiago del Cile, 11 Settembre 1973. Le ultime parole di Salvador Allende al popolo cileno prima che si compisse il colpo di Stato di Pinochet. Meninos de Rua In Brasile, sono 7 milioni i bambini che vivono in strada. In media quattro di essi sono assassinati ogni giorno da gruppi di sterminio o dalla polizia. La situazione sociale e politica del Paese e l'esistenza di una riforma agraria varata ma mai decollata spiegano l'inurbamento che, in pochi anni, ha creato nelle grandi città quartieri ghetto dove si vive appena al di sopra del limite di sopravvivenza, dove il crimine dilaga tra l'indifferenza generale. Dei 7 milioni di bambini di strada che devono sopravvivere, almeno due si prostituiscono, gli altri si arrangiano con ogni tipo di lavoro, con furti e droga. Il loro comportamento è gravemente antisociale, risentito, diffidente e la società si difende spesso uccidendolo. I "meninos de rua" diventano così un problema che va risolto. Solo negli ultimi 5 anni, secondo i dati della Commissione parlamentare di indagine sulla violenza contro i minori, sono stati 16.414 i bambini di strada assassinati dagli squadroni della morte. Le "meninas" della Praca da Se' di San Paolo vivono ogni giorno e ogni notte nel crescente terrore di essere ammazzate tutte insieme in un massacro peggiore di quello di Rio de Janeiro. Una ragazzina che ora ha 16 anni ha avuto un bambino da un poliziotto: non si è neppure accorta di essere stata violentata perchè il poliziotto prima l'ha addormentata col gas. Solo per il 10% dei delitti e delle violenze su di loro si apre un'inchiesta, sostiene Mario Volpi, responsabile del Movimento Nacional de Meninos e Meninas de Rua che da anni si batte per la difesa dei diritti dei ragazzi e l'autorganizzazione dei minori in Brasile. Secondo Volpi, la violenza su bambini in Brasile non è solo quella commessa dai poliziotti, dai "gruppi di sterminio" finanziati da commercianti e industriali o dai "gruppi di giustizieri" che controllano il traffico di droga, ma anche lo sfruttamento del lavoro minorile: -I bambini resi schiavi, segregati nei postriboli o costretti a lavorare nell'acqua nelle miniere per estrarre l'oro - sostiene Volpi - in Brasile sono molto più numerosi dei bambini di strada, ma non si vedono, non danno fastidio e la società civile li tollera -. Le Nazioni Unite stimano che non meno di 500.000 bambini e bambine in Brasile siano vittime di abusi sessuali. In alcune parti del paese, specie nel nordest, la maggiorparte dei crimini sessuali contro bambini e adolescenti non sono investigati perchè sono coinvolti rappresentanti della giustizia. Nel 1992, membri del Congresso Nazionale diedero vita ad una commissione parlamentare che scoprì, tra gli altri, il coinvolgimento di ufficiali della polizia. Nel 2003, la polizia sorprese a Porto Ferreira (Sao Paulo) dei consiglieri mentre stavano facendo sesso di gruppo con minori tra gli 11 e i 16 anni. Nel Luglio del 2004, la commissione ha scoperto che centinaia di politici, giudici, uomini d'affari, partecipavano ad abusi sessuali su minori, inclusi quelli su bambine incinte. Tra i vari coinvolti, il vice-governatore dell'Amazzonia aveva messo su un traffico di prostituzione minorile che reclutava ragazzine di 16 anni. Articolo tratto da: http://www.ecplanet.com/ |
Pagina scritta in HTML da Attilio Bongiorni - Gennaio 2007