La stanchezza è troppa. Ci si addormenta a piccole dosi. Le mani aggrappate alle braccia dei vicini e viceversa. Tutti abbiamo il terrore di cadere sotto le ruote.

Adesso è evidente quanto sia profondo il baratro dentro cui stiamo scendendo. Questi ragazzi sanno che nessuno, qualunque cosa succeda, verrà mai a tirarli fuori. Nessun padre. Nessun fratello. Nessuno Stato. Nessuna organizzazione umanitaria. Nessuno dei governi, che con le loro scelte corrotte li hanno portati qui, piangerà mai la loro morte. - Fabrizio Gatti.

Il viaggio
«Ai trafficanti poco importa se il confine sia aperto o chiuso. Il deserto è così. Quando si parte bisogna arrivare a destinazione. Non si può aspettare. Nemmeno tornare indietro. E quando parti se ti fermano puoi morire di fame. Non basta chiudere le frontiere. È questo che voi europei non capite. Tu hai mai sofferto la fame?». «No, Yaya. Io no.»
brano tratto da Bilal di Fabrizio Gatti
Non vi chiedo molto, soltanto, quando vi avvicinerà un ragazzo del Niger o del Senegal per vendervi gli accendini trattatelo con un po' di umanità perchè è come voi, ma lui è passato attraverso l'inferno nel disperato tentativo di sopravvivere. Probabilmente avrà viaggiato su un camion rischiando di cadere sotto alle ruote, avrà ricevuto percosse con i tubi di plastica da tutti i soldati in ogni posti di blocco che ha incontrato nel suo viaggio. Nel suo paese c'era la guerra o semplicemente niente da mangiare, nessun lavoro in vista. Strano destino di un ragazzo che cita Goethe guardando un cielo pieno di stelle nel deserto, e dopo aver rischiato la vita nei modi più drammatici si trova, quando gli va bene, a dover affrontare degli italiani ignoranti beceri e razzisti.
Partenza da Dakar
«Durante il mio viaggio ogni tanto qualcuno veniva abbandonato nella sabbia. Ma vedi io sono magro come te. Se ce l'ho fatta io, ce la puoi fare anche tu. L'importante è avere il cuore forte perchè lassù fa caldissimo. E se non sei abbastanza forte» sottolinea mimando il battito con la sua mano scarna al petto, «il cuore scoppia».
brano tratto da Bilal di Fabrizio Gatti
Si parte in taxi, il taxista, Ousmane, ha una vecchissima Peugeot che lui continua ad aggiustare disperatamente. Senza la macchina anche lui è destinato al viaggio nel deserto e quindi alle carrette del mare. Fino a che ha la macchina Ousmane potrà vivere in modo appena dignitoso.. Ma succede che da Kayed a Bamako, nel Senegal, la vecchia Peugeot prende un sasso tagliente che sporgeva dalla sabbia. L'olio sgocciola dal motore. L'auto viene trainata da un fuoristrada in malo modo e strattonata con il cavo traino fino a perdere l'avantreno. Grandi lacrime solcano le guance di questo quarantenne grande e grosso che sa già che non potrà più mantenere la propria famiglia. Grande sconfitta per l'umanità il non poter togliere un uomo dal proprio destino di reietto solo perchè nato in un luogo sbagliato del pianeta.

L'umanità disperata
«Mi fai arrivare in Europa subito e io ti pago con tre stipendi. Non ti bastano tre? Ti do cinque mesi di lavoro. Come idraulico in Europa sono sicuro di guadagnare bene, non sarà un problema mettere da parte cinque stipendi».
brano tratto da Bilal di Fabrizio Gatti
Un bianco italiano non passa inosservato, in ogni tappa percorsa da Fabrizio una umanità disperata si attacca a lui, cercando un passaggio per l'Italia. Djimba, un ragazzo del Mali che ha fatto 200 Km per cercare Fabrizio, magari avrà anche pagato qualcuno per incontrarlo, oppure Safira, bellissima ragazza di 22 anni che ha già lavorato come modella o meglio è stata sfruttata come modella per servizi fotografici; Jonathan di vent'anni piange, sa disegnare i mobili e costruirli.
Per tutti la medesima richiesta: quanto vuoi per portarmi in Europa?
La partenza dei camion
«Finisce che si perdono» dice Amadou direttamente in francese, «Finisce che una notte di cammino non basta. E quando sorge il sole diventa impossibile trovare le luci, anche se sei nella direzione giusta. Finisce che non ce la fanno più. Magari girano intorno per giorni. E finisce che muoiono... Io ho perso un amico così».
brano tratto da Bilal di Fabrizio Gatti

Si arriva ad Agadez e da lì si pagano gli autisti e si parte con il camion per attraversare il deserto. Ci vogliono 5 giorni solo per arrivare all'oasi di Dirkou. Ognuno si deve comprare due bidoni e riempirli d'acqua per poter sopravvivere. I Bidoni che sono già usati, (prima contenevano olio per i trattori o nei casi migliori olio di girasole) vengono appesi alle sponde del camion e su ognuno viene scritto il nome del proprietario. Il camion è stracarico all'inverosimile, gli uomini vengono caricati sul cassone e si tengono l'uno all'altro. E' pericolosissimo addormentarsi, se si cade si può finire sotto le ruote e comunque l'autista molto spesso non si ferma neppure, a volte non può perchè resterebbe bloccato nella sabbia soffice. Oppure qualcuno si distrae e resta indietro durante le poche soste. Il camion riparte e il poveretto tenta invano di raggiungerlo, ma correre nella sabbia non è facile, anche così si muore, abbandonati nel deserto. Oppure basta un guasto del camion, molti autisti si portano i pezzi di ricambio sono anche dei meccanici, ma qualcuno non è in grado di farlo; e muore.. Un ragazzo sta male, non mangia da giorni, è disidratato ed ha la diarrea , ma non si può fermarsi Il ragazzo si fa tutto addosso, l'odore di diarrea è insostenibile, alla sosta successiva qualcuno accende un fuoco e gli prepara il te, non si può fargli bere l'acqua dei bidoni, fredda per la notte del deserto, perchè sarebbe come ucciderlo. Fabrizio gli da le medicine per la diarrea e gli antibiotici. Ad ogni posto di blocco, (ce ne sono circa 12 fino alla Libia) gli uomini dell'esercito fermano i camion e fanno scendere tutti. Torturano i viaggiatori con canne di gomma e fili elettrici per farsi dare i soldi. Ad ogni posto di blocco è così, si scende, si viene torturati e rapinati, se non ci sono più soldi qualsiasi cosa può andar bene. Questa è la fonte del reddito dei militari. Fabrizio non è torturabile: ha il passaporto italiano. Le donne hanno un diverso destino, per pagarsi il viaggio si devono prostituire.
La Libia
«La Nigeria non è in Africa? La Libia non è in Africa?» chiede un ragazzo magrissimo. «Voi europei non siete liberi di circolare tra Italia, Francia e Germania? La mia famiglia è rimasta in Libia. Io sono stato espulso perchè questo ha chiesto l'Italia. Perchè? E perchè l'Europa non ha fatto nulla per fermare gli italiani?»
brano tratto da Bilal di Fabrizio Gatti
L'ultimo "portale" che gli eroi moderni devono superare per arrivare in Europa, rischiando la vita di nuovo, stavolta su barconi disfatti a forte rischio di naufragio. Ma prima di arrivare all'orizzonte , guardando il quale si respira già l'aria della salvezza europea (molto precaria, come vedremo) bisogna fare i conti con il Colonnello Gheddafi e con il razzismo imperante in Libia. I neri provenienti dal deserto sono torturati ad ogni piccola richiesta o rimostranza. Daniel e Joseph vengono picchiati dalla polizia Libica fino a pisciare sangue. Ci sono campi di concentramento e come in una Shoa moderna molti immigrati che regolarmente lavorano, vengono arrestati, perdono le loro proprietà e vengono deportati. I padroni di casa denunciano gli inquilini alla polizia, che arresta gli immigrati anche se hanno pagato l'affitto in anticipo. A causa degli accordi con il governo italiano, chi riesce ad arrivare in Italia, viene quasi sicuramente respinto e deportato di nuovo in Libia. E si ricomincia, alla faccia dei diritti umani, dei diritti per rifugiati politici e della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo.

Lampedusa
«Lui è l'harrak che ti ha portato a Lampedusa». Youssef afferra la foto. La bacia tre volte. Poi la stringe al cuore. »Sì, ero sulla sua barca» conferma. «È vero che abbiamo rischiato di morire. Ma noi siamo nati dalla parte sbagliata del mondo. Se non rischiamo non otteniamo nulla da questa vita.»
brano tratto da Bilal di Fabrizio Gatti
Un inferno organizzato dalla civile Italia. I bagni traboccano di melma infetta e bisogna per forza entrarci con i piedi. Ci sono spie, come i kapo dei campi di concentramento nazisti, e loro possono fare la doccia nei bagni della polizia. I diritti non esistono, se gli immigrati riescono a chiamare un avvocato o qualcuno che potrebbe assisterli, vengono rasferiti prima che questo arrivi. Gli immigrati avrebbero diritto ad una scheda telefonica, ma le schede le hanno solo gli scafisti e le vendono a venti euro l'una. Gli ospiti del centro, appena arrivati vengono spogliati nudi e presi a schiaffi dai militari. Solo qualcuno dei militari dimostra umanità. Gli scafisti, (chiamati harrak) entrano nel centro, ma vengono quasi immediatamente trasferiti e ripartono subito per le coste africane, dove potranno intraprendere un altro viaggio.


Brani tratti da: Bilal di Fabrizio Gatti Editore: BUR Rizzoli - 495 pagine
Foto da Flickr di: giuseppedr's, pudding, Swiatoslaw Wojtkowiak's, Yelema, Alessandro Vannucci