Pecorara - Gennaio 1944

Nel Gennaio '44 dovetti fuggire dalla città nonostante avessi appena 17 anni e non fossi soggetto a leva, ma già perseguitato, per non aver salutato il fatidico gagliardetto fascista. Mi rifugiai a Pecorara da mio zio Dolfo Zambarbieri. Ero appena arrivato che assistetti ad una caccia all'uomo messa in atto dai fascisti.
Infatti gli ordini della RSI erano di rastrellare tutti i renitenti alla leva per costringerli conle buone e "spesso" con le cattive ad arruolarsi nelle loro fila. Per dare corpo a questo provvedimento che partiva dall'alto, giunse, disgraziatamente per questi giovani sparsi ovunque nella nostra Provincia, a Pecorara, probabilmente sollecitata da qualche fascista del posto, la banda criminale della X Mas.
Appena giunti su indicazione dei soliti ignoti "visitarono" molte case nelle frazioni del paese quali Cicogni, Costalta, Pecorara Vecchia, ecc. andando quasi a "colpo sicuro" essendo, fra l'altro in possesso di un elenco fornitogli dai soliti spioni che albergano e hanno sempre albergato fra la gente onesta.
Ovviamente la venuta della famigerata X Mas era stata "annunciata" con qualche giorno d'anticipo e di conseguenza i ragazzi erano fuggiti nascondendosi nei boschi, o in rifugi sconosciuti (?) del paese.
non avendo trovato nessuno dei giovani indicati dall'elenco, la squadraccia violenta di fama e di fatto si scatenò creando il terrore a Pecorara e nelle frazioni, costringendo gli abitanti a chiudersi in casa e in diversi casi a fuggire altrove nottetempo con i propri figli.
Il culmine purtroppo venne raggiunto allorchè trovarono due renitenti nascosti nella campagna . Uno fu preso e trascinato tra botte e insulti verso Pecorara, l'altro riuscito a sfuggire e individuato in un pagliaio messo a fuoco. Il ragazzo catturato, in quanto non era che un giovane ragazzo, fu trascitato nel covo della X Mas che non distava molto dalla casa dello zio dov'ero ospitato.
Dal solaio della casa assistetti al "trattamento" riservato al ragazzo.
Dopo essere stato spogliato completamente fu "interrogato" dall'ufficiale comandante, il quale ad ogni diniego del ragazzo lo colpiva violentemente con uno scudiscio lacerandogli la pelle.
Le urla del povero ragazzo si sentivano a distanza, peggio per le mie cugine e tutti gli abitanti lì attorno che le sentivano e rabbrividivano.
Dopo circa mezz'ora di frustate il ragazzo perse conoscenza, allora l'ufficiale lasciĆ² il ragazzo alla mercè di due donne che facevano parte della decima.
Le due donne dopo aver gettato un secchio d'acqua addosso al ragazzo e averlo "appena" risvegliato, iniziarono a torturarlo, spegnendogli sul corpo le sigarette accese, ovunque, fin sulle parti intime.
Il ragazzo, a questo punto, dopo aver lanciato delle urla strazianti, crollò completamente. A quel punto si udirono voci che urlavano di smetterla, indirizzando epiteti feroci verso le torturatrici, senza mostrarsi ma rimanendo nell'ombra onde evitare rappresaglie personali e anche verso tutto il paeseritenuto responsabile dalla Decima di aver nascosto i renitenti.
La Decima lasciò il ragazzo esposto tutta la notte, per caricarlo al mattino successivo su una camionetta, non si sa se vivo o morto, prima di andarsene da pecorara, con un sospiro di sollievo dei pecoraresi, lasciando una scia di sangue giovanile, e di orrore a ricordo per sempre.



Testimonianza di Zambianchi Roberto di Piacenza, Partigiano
Pubbicato dal quotidiano Libertà nell'anno 2008.