A Bruxelles esiste un monumento dedicato a Giacomo Matteotti, assassinato dal regime di Mussolini nel 1924.
È stata Sofia a regalare il marmo per la costruzione del monumento agli antifascisti promotori dell'iniziativa.
I fascisti, purtroppo, lo scoprono ben presto.
Una sera, ritornando a casa, Sofia trova quattro persone che la aspettano mentre ha ancora in braccio Franco.
Sofia viene imbavagliata e picchiata e i quattro non risparmiano neanche Franco.
Anche lui viene percosso anche se è un bambino piccolo. All'inizio sembra una cosa di poco conto. Poco tempo dopo, però
Franco non parla più, le gambe non lo reggono. Sofia, dispertata, lo porta dal neurologo e il verdetto è senza speranza:
danni neurologici irreversibili. Sofia piange la prima vittima del fascismo nella sua famiglia mentre nel frattempo muore suo marito,
l'industriale Giovanni Martinelli.
Sofia con i suoi tre figli, Lucio di 6 anni, Franco di 4 e Ottavia di pochi mesi, scappa da Trescore Balneario e si rifugia a
Milano
Dopo alcuni anni si trasferisce a Sotto Il Monte, un paese della Provincia di Bergamo dove apre una filanda.
Anche qui, la tranquillità dura poco. Non c'è pace per chi non vuole uniformarsi al regime fascista.
È il 10 Giugno 1940.
Sofia critica duramente il fascismo, mentre viene costretta ad ascoltare il discorso di Mussolini alla radio
insieme alle sue operaie, così si ritrova contro tutto il paese.
Bisogna per forza vendere tutto e scappare. Nel 1941 si trasferisce a Voghera e Lucio, che è già quasi medico, prende i primi
contatti con esponenti del CLN. Nel 1944 in primavera, Lucio viene chiamato alle armi, si presenta ma fugge quasi subito.
Non è più possibile restare a Voghera, è troppo pericoloso per un renitente alla leva, quindi tutta la
famiglia si trasferisce a Rocca Susella. Lucio diventa Commissario della III Divisione Lombardia.
Il 31 Gennaio 1945 Sofia riceve una terribile notizia
Lucio è stato catturato ed ucciso mentre stava curando un compagno partigiano con un piede rotto. È un colpo tremendo per lei
ed anche per il movimento partigiano, Sofia non riesce a descrivere lo strazio provato in quel momento.
Dopo la liberazione Sofia Pozzi diventerà responsabile di una Sezione ANPI perchè, come dice nella sua testimonianza:
«Era il modo migliore per onorare la memoria di Lucio e degli altri caduti.»